Paesaggi tempestosi e orizzonti di serenità nel Romanticismo paesaggistico di Alda Delledonne
La contemplazione della natura sembra essersi allontanata nel vivere contemporaneo dove spesso l’essere umano è sopraffatto dagli impegni quotidiani, delle cose da fare, dagli obiettivi da conseguire; eppure, malgrado la disattenzione dell’uomo, esistono fenomeni semplici e immediati che si susseguono e che offrono spunti di costante meditazione, di confronto tra la grandezza del mondo in cui viviamo e l’irrisorietà dell’individuo che di fatto è costantemente in balìa della natura stessa. Questo tipo di osservazione non sfugge a quegli artisti che sentono il bisogno di mantenere quel contatto costante, come se dal legame con quelle energie spontanee e naturali potesse scaturire un ascolto più profondo del senso dell’esistenza, del ruolo dell’uomo e della sua capacità di attingere proprio dagli eventi della natura per apprendere la vera essenza e al tempo stesso il carattere transitorio dell’uomo nel mondo. La protagonista di oggi sceglie uno stile del passato per narrare le sue emozioni più profonde nel momento in cui entra in contatto con l’elemento naturale, quello che può essere visto e percepito ogni qual volta il suo sguardo viene catturato da un tramonto, da un mare in tempesta, insomma da una manifestazione delle forze che ruotano accanto all’essere umano.
Tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento nacque in Germania un movimento artistico che si proponeva di recuperare il rapporto tra uomo e spiritualità, tra il divino che si manifestava nella natura e la consapevolezza dell’individuo di essere solo una minima espressione fuggevole della forza e dell’immensità di tutto il mondo che in realtà lo ospita, lo domina, gli sopravvive. Il Romanticismo, questo il nome della corrente pittorica, ebbe caratteristiche differenti sulla base del paese di provenienza degli artisti che ne fecero parte, e si orientò verso la contemplazione paesaggistica in Inghilterra che ebbe tre tra i maggiori rappresentanti di questo stile pittorico, William Blake, William Turner e John Constable i quali si concentrarono su aspetti differenti dell’osservazione della natura. Mentre William Blake esplorò il mondo dei sogni e delle visioni, affermandosi come rappresentante della corrente onirica, John Constable si concentrò invece sulla riproduzione realistica delle vedute dei paesaggi inglesi appartenenti al suo mondo, al suo scrigno emotivo, dando così vita alla corrente pittoresca. Ma quello che tra tutti si lega indissolubilmente al Romanticismo e che ha saputo lasciare un profondo segno nella pittura di ogni tempo, che fu in grado di ispirare persino le linee guida del successivo Impressionismo, fu William Turner il quale descrisse e narrò il rapporto tra uomo e natura, l’esiguità dell’individuo davanti alla grandezza del sublime che dagli eventi come i maremoti, le burrasche, le tempeste, gli incendi, scaturiva lasciando l’osservatore senza parole, completamente affascinato e travolto dalla capacità del pittore di rappresentare le sfaccettature della luce, la forza travolgente di quegli eventi atmosferici che inducevano, e tutt’oggi inducono, a riflettere sull’inconsistenza e la transitorietà della figura umana. L’artista milanese Alda Delledonne si collega al Romanticismo di William Turner, in particolar modo per la sua capacità di descrivere la maestosità delle circostante naturali che si dispiegano davanti ai suoi occhi, così come per l’approccio alla luce che in qualche modo diviene protagonista delle sue tele tanto quanto i mari burrascosi e i paesaggi in cui si limita a narrare un tramonto, un temporale sul mare, l’avvicinarsi delle nubi sulle montagne sottolineando però anche la bellezza della calma, della serenità di alcuni luoghi, distaccandosi pertanto da quel sublime impetuoso che contraddistinse la produzione pittorica di Turner. Alda Delledonne alterna l’osservazione della forza della natura che tuttavia non induce l’osservatore a riflettere sulla propria inconsistenza davanti a tali fenomeni, piuttosto lo mette in ascolto di tutte quelle energie che possono fungere da catalizzatore delle proprie emozioni, permettendo ai paesaggi di trasformarsi in interpreti di quel mondo interiore troppo spesso inascoltato, lasciato in silenzio, per il timore di rivelare troppo, di costringere l’individuo a doversi confrontarsi con le proprie e più intime sensazioni. Attraverso lo specchio degli eventi della natura invece l’osservatore può trovare sfogo a quel mondo interiore e sotterraneo, come se i paesaggi descritti dall’artista divenissero un momento catartico a cui aprirsi senza più avere alcuna gabbia emozionale a trattenerlo. I luoghi descritti da Alda Delledonne appartengono all’immaginario comune, sono scorci che ciascuno nasconde in un cassetto della memoria, e anche se lontani per collocazione geografica riescono ad andare a toccare le corde interiori in virtù della loro caratteristica di potersi trovare ovunque, perché ciò che emerge è il coinvolgimento emozionale che l’artista ha provato nel momento in cui si apprestava a dipingere e che giunge in maniera diretta, spontanea e senza alcun filtro da parte della ragione, all’osservatore. L’alternanza delle sensazioni si traduce nei momenti immortalati, come in Il mare e la tempesta in cui le scure nubi non riescono a spegnere quella vivacità delle acque che in qualche modo sembrano sfidarle, trasformano la propria apparenza più placida e tranquilla e combattono l’evento atmosferico divenendo a loro volta burrascose eppure sempre vivide, luminose, intente a contrastare il buio. In quest’opera sembra che l’artista voglia evidenziare la lotta tra due forze che per la maggior parte del tempo convivono in armonia mentre in alcuni frangenti si scontrano, si contrastano, esattamente come accade spesso all’essere umano che attraversa a volte avversità che però, poco dopo, si attenuano e diventano uno spunto di crescita e di miglioramento. Anche in Sardegna, mare in burrasca, Alda Delledonne esprime il trasporto provato e vissuto in un frangente della sua vita, probabilmente memoria di un viaggio in cui la sua interiorità era sintonizzata sulle stesse frequenze del paesaggio immortalato e non ha potuto fare a meno di riempire la tela di quelle emozioni; qui la tempesta è meno impetuosa, meno cupa rispetto all’opera precedente perché non tutte le battaglie hanno la stessa intensità, sembra suggerire l’artista, e dunque a volte è sufficiente lasciarsi andare alle onde per raggiungere comunque la propria destinazione finale. Anche in questa tela ciò che emerge in modo chiaro è il gioco di luci che appartiene all’approccio pittorico della Delledonne, quell’alternanza di volumi cromatici resi attraverso l’utilizzo dell’accostamento dei colori contigui, frammentati, così come anticipato da Turner e successivamente ampliato e approfondito dagli impressionisti. Non è necessaria la presenza umana nelle sue opere perché l’uomo può essere spettatore e interprete di quel mondo che quotidianamente si apre davanti a lui e che aspetta solo di essere colto, ammirato, osservato con maggiore intensità perché è proprio attraverso di esso che l’individuo può essere in grado di abbandonare il suo univoco punto di vista, il suo sentirsi un tronco in mezzo al mare lasciato a se stesso, e comprendere che come ogni evento, anche se disastroso, volge al termine, altrettanto un evento apparentemente disorientante o destabilizzante può avere un’evoluzione inimmaginabile. È per questo che altri dipinti di Alda Delledonne raccontano di atmosfere più serene, più calme, molto più meditative, come nell’opera Laguna veneta in cui mostra il suo lato contemplativo, equilibrato forse proprio in virtù delle tempeste attraversate in precedenza. La sensazione è che quella tranquillità per l’artista appartenga a Venezia ma in realtà potrebbe trovarsi in qualsiasi luogo perché in fondo ciascuno può riuscire a trovare la sua oasi di pase in ogni posto sia affine al suo percorso, alla sua indole, ovunque. Qui, forse più che in altri dipinti, la luce ha un ruolo dominante, avvolge quegli accenni sfumati e appena riconoscibili che contraddistinguono lo stile pittorico dell’artista, e ne esalta la sensazione di calma, quello stato di ribilanciamento delle sensazioni nelle quali lo sguardo si perde non alla ricerca del dettaglio quanto alla rievocazione di un proprio momento di rinascita emotiva. Alda Delledonne, di formazione autodidatta, ha successivamente seguito vari corsi di pittura per perfezionare la sua tecnica e l’approccio al colore; ha all’attivo la partecipazione a diverse mostre collettive a Venezia, a Ravenna, Ferrara, Spoleto, Roma e all’estero, Madrid, Barcellona e prossimamente Bucarest.